Il diario

Normale

Normale

E’ un monologo a senso unico, che non soddisfa la pruriginosa curiosità di una mamma desiderosa di sapere qualcosa di quella fauna affascinante, variegata e incostante che circonda ogni giorno sua figlia. 

 

"E il tizio tuo compagno com’è?"

"In che senso?"

"Non so, simpatico, sveglio, patatone, antipatico"

"Non so"

"Vabbè ma avrà un carattere, ti susciterà qualche impressione, emozione o fastidio, no?"

"No"

"Okkei. Allora è un essere insignificante?"

"Non so. A me sembra normale e basta"

"Va bene, A la grande. E invece quell’altro? Fate due chiacchiere ogni tanto visto che siete in banco insieme? Vi aiutate, cosa vi dite?"

"Niente"

"Nemmeno lui ha un carattere nè ti suscita sentimenti e reazioni?"  "No. Anche lui è nromale".  L’ammiri, eh, perché alla fine l’ammiri una figlia che non dà giudizi su nessuno mentre tu sai benissimo che anche se cerchi di disintossicarti da quel brutto vizio lì da quarantenne inacidita di incasellare un po’ tutti in "buoni e cattivi", alla fine viene fuori. Ma lei no. Ermetica e politicamente corretta. E va bene. Ma visto che già non sono una fan del concetto di normalità a prescindere, a questo punto l’aggettivo "normale" mi irrita ancora di più. 

Illustrazione tratta da: "Maschi contro femmine" di Silvia Vecchini (Oscar Mondadori, Primi junior).

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