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Giocare con la storia, studenti e insegnanti a lezione

Pavia giocherà la storia, insegnerà ai professori di trenta scuole medie e superiori come sfruttare al meglio questo strumento.

 

 

Capire la rivoluzione industriale o i problemi per governare una città antica con un gioco invece che con una lezione frontale, divertendosi mentre si impara, non è un’utopia da paese dei balocchi: i giochi didattici ormai sono diffusi dalle scuole primarie ai master. Pavia giocherà la storia, insegnerà ai professori di trenta scuole medie e superiori della provincia come fare per sfruttare al meglio questo strumento, e ospiterà un convegno internazionale. «Pavia gioca la storia» è organizzata dal laboratorio di Didattica della storia della Silsis di Pavia, la scuola di specializzazione per docenti chiusa dalla riforma Gelmini, in collaborazione con il Comune di Pavia e la scuola media Casorati, oltre alla rivista Mudus e le edizioni La Meridiana, per dimostrare che la Silsis ha lavorato bene e portato a casa ottimi risultati.  Da mercoledì 4 marzo gli studenti della Silsis – che hanno inventato il gioco «Il commercio nella Pavia Medievale» – faranno giocare oltre 30 classi della provincia. Il 4 pomeriggio saranno i docenti a studiare la didattica del gioco applicata a storia e filosofia e il 5 si inaugurerà il convegno internazionale di studi sul gioco didattico per matematica, storia, scienze, geografia, con esperti nazionali e internazionali che, il giorno seguente, replicheranno a Modena. Ma che ruolo può avere il gioco a scuola? Risponde Antonio Brusa, docente Silsis e membro del comitato scientifico del convegno: «Dal secondo dopoguerra in poi il gioco come strumento didattico è stato molto studiato. I vantaggi sono quello di imparare divertendosi e di riuscire a trasmettere più facilmente una complessità che scritta sui libri di testo rischia di scivolare sugli studenti senza lasciare tracce». Il problema sono le resistenze da parte di tanti docenti, che lo vivono come una perdita di tempo quando invece, continua Brusa, «fa guadagnare tempo perché permette di far sedimentare le conoscenze che vengono acquisite giocando». Le resistenze si incontrano perché il docente deve diventare anche animatore. E per condurre un gioco è necessario conoscere l’argomento a menadito perché «stimola l’iniziativa e apre interrogativi che, spesso, con la lezione frontale non vengono posti».

(fonte: la Provincia Pavese del 1 marzo 2009)

 

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