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Da New York alla chirurgia pediatrica, ecco la performance di Paul Kostabi

«Gli occhi di un bambino di due anni possono vedere e “sentire” l’arte. Meglio di quanto potranno poi fare, in età adulta, sui libri».

E il murales colorato che Paul Kostabi, artista quarantasettenne di New York, interprete della post Pop Art americana, ha dipinto ieri mattina sulla parete color albicocca della clinica di Chirurgia Pediatrica del San Matteo, vuole essere una carezza ai bambini ricoverati. «L’arte riesce a rendere l’ambiente dell’ospedale meno rigido e spaventoso» spiega Kostabi che non toglie mai il Borsalino grigio che gli incornicia lunghi capelli biondo cenere.  Con il blu e il rosso traccia un grande volto sulla parete, due enormi occhi spalancati, mani simili a palline appese a tanti fili.  Alterna il tratto a quello di Thomas Berra, artista brianzolo 22enne, studente all’Accademia di Brera con diverse esperienze internazionali alle spalle nonostante la giovane età («sogno di fare il pitore da quando ho sei anni» rivela). Sono in coppia per la prima volta nella performance di art painting all’interno dell’ospedale. Saranno poi i bambini ricoverati in clinica, con il tempo, a completare l’opera e a dargli un’altra vita.  I disegni evocano i tratti e le figure allegoriche di Basquiat, ma Kostabi – che è anche chitarrista, illustratore di fiabe e ha un fratello artista altrettanto famoso – dice di amare soprattutto Picasso. E lo si capisce osservando il grande murales che sabato, sotto la pioggia, ha dipinto alla fiera di Arte Contemporanea di Novegro e che il professor Giuseppe Martucciello, primario della Chirurgia Pediatrica, osserva sul suo computer portatile. «Tra qualche giorno trasferiremo quel murales, lungo 21 metri, qui in clinica – spiega Alessandro Ferrero, manager in Italia di Kostabi e anello di congiunzione tra l’artista americano e Pavia -. Paul aveva da tempo il desiderio di fare qualcosa per un ospedale. Ha dovuto frequentare a lungo quelli americani, durante la malatia che si è portata via suo padre, e ha sviluppato una certa sensibilità. Un desiderio di cambiare luce e colore agli ambienti grigi e spesso tristi in cui stanno i malati». (m.g.p.)

(fonte: la Provincia Pavese del 31 marzo 2009)

 

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