Il giornale

Differenziamoci, ma con i tre maestri

Quando si dice "classi ponte" non tornano in mente le "scuole speciali" dove, fino a quarant’anni fa, stavano i ragazzi con handicap psico-fisici, o figli di immigrati dal sud e di contadini? Se cominciassimo a tenerci stretti i tre maestri e gli insegnanti di sostegno anziché ridurli?

Dunque, il capo del governo condivide la mozione della Lega Nord favorevole alla creazione di classi-ponte per i figli degli immigrati al fine di insegnar loro la lingua italiana. Domani, magari, dichiarerà di essere stato frainteso e però un simile discorso porta, di fatto, al ripristino delle classi differenziali dove, fino a un quarantennio fa, venivano «ghettizzati» bambini e ragazzi i quali presentavano handicap psico-fisici, o magari erano soltanto figli di «terroni» e di contadini.
Per i casi più gravi si arrivava a vere e proprie scuole speciali. Il risultato era una crescente separatezza tra alunni, e quindi una discriminazione sancita dalla stessa istituzione scolastica. Si scelse allora la strada di abolire le scuole speciali e le classi differenziali e di mantenere tutti gli alunni in una classe, aumentando però notevolmente i sostegni specialistici, spesso mirati, per gli insegnanti. Si era infatti constatato che bambini e ragazzi cresciuti in modo separato e «differenziato» finivano per avere assai meno stimoli e quindi per veder aumentare sempre più la loro distanza dai coetanei delle classi ordinarie. Così sarebbe anche con le classi-ponte distinte e separate dalle classi «normali». Un conto infatti sono corsi di sostegno destinati a migliorare in tempi brevi la conoscenza e la pratica quotidiana della lingua italiana. Un altro sono vere e proprie classi-ponte. Che lo stesso assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano, Mariolina Moioli, boccia come irrealizzabili. Il recupero dei ritardi scolastici va promosso all’interno della stessa struttura scolastica.
La Lega Nord e, da oggi, Silvio Berlusconi sembrano non rendersi pienamente conto del dato di fatto contro il quale vanno a infrangersi le loro proposte. I figli di coppie di stranieri immigrati rappresentano ormai quote altissime sui nuovi nati: in Lombardia costituivano, al 1º gennaio 2008, il 18 per cento del totale, nel Veneto il 18,4 per cento e in Emilia-Romagna addirittura il 18,7 per cento. La provincia italiana dove si registra la più alta quota di nati stranieri è quella a dominanza cinese di Prato dove un nuovo nato ogni 3 è straniero, seguita da Mantova e da Brescia dove circa un quarto dei nuovi bebè è straniero (marocchini e non pochi indiani). Subito dopo viene, sorprendentemente, Piacenza – in cui è stanziata la più numerosa comunità macedone – col 23,3 per cento, da Asti col 22,7 (parecchi romeni), da Treviso (anche qui romeni), da Vicenza (serbi e montenegrini), da Modena (in testa marocchini) e, altra sorpresa, da Macerata dove un quinto dei nascituri risulta straniero (pure qui macedoni ed ex jugoslavi).
Il caso-limite è quello di Novellara di Reggio Emilia dove gli immigrati rappresentano ormai il 20 per cento dell’intera popolazione e provengono da oltre 60 diverse etnie.
Cominciamo a tenerci stretti i tre maestri e gli insegnanti di sostegno anziché ridurli, e manteniamo un vero tempo pieno. Dopo, se ne riparla. (Vittorio Emiliani)

(fonte: quotidianiespresso.repubblica.it)

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