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Donne e lavoro, quando la maternità è penalizzante

In provincia di Pavia duecento lavoratrici madri hanno deciso in questo 2008 quasi concluso di abbandonare la propria occupazione. Approntata la bozza di un accordo quadro tra Provincia, Camera di Commercio e organizzazioni datoriali sulla conciliazione.

In provincia di Pavia duecento lavoratrici madri hanno deciso in questo 2008 quasi concluso di abbandonare la propria occupazione. Un aumento del 15.6% rispetto al 2007, che a sua volta aveva registrato un innalzamento del 21.8% nei confronti del 2006. Questo significa inevitabilmente che la provincia di Pavia ancora non riesce a offrire alla popolazione lavoratrice femminile la possibilità di conciliare il tempo occupazionale con quello familiare. E per porre rimedio l’amministrazione provinciale, la Camera di Commercio, le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere e le organizzazioni datoriali si sono attivate mettendo a punto la bozza di un accordo quadro volto proprio a delineare delle strategie in favore delle aziende e facilitarle nel venire incontro alle madri impiegate. “Nessuna battaglia dal sapore neofemminista –sottolinea l’assessore provinciale alla solidarietà e parità Annita Daglia- semplicemente un occhio attento al problema denatalità e al nostro PIL, che con un’occupazione femminile allineata ai tassi medi europei sarebbe più alto del 7%”.  L’intento è quello di un’azione di governance territoriale che a livello provinciale promuova strumenti di incentivazione economica nei confronti di quelle imprese che si dimostreranno sensibili al discorso donna-madre-lavoratrice e contemporaneamente adotti in prima persona sul territorio misure di flessibilità per conciliare lavoro e famiglia. Si tratta in pratica di dare piena attuazione alla legge 53/2000, ancora molto lontana dall’essere tradotta nel concreto, almeno in provincia di Pavia. “Effettivamente la nostra provincia è particolarmente assente sotto questo profilo, rispetto ad esempio ad altre realtà come Mantova, Cremona o Lecco –ammette l’assessore Daglia- l’obiettivo di questa bozza è anche capire come mai le aziende non sentono la necessità di aiutare le donne. Vogliamo dare loro la massima informazione al riguardo affinchè poi non abbiano più alibi”.
Sulla stessa linea il consigliere di parità effettivo della Provincia di Pavia Nadia Zambellini: “Sono ancora poche in percentuale le donne dirigenti, quelle in politica e nelle istituzioni. Sono invece moltissime coloro che lasciano il mondo del lavoro al primo o al secondo figlio, rinunciando a dare il proprio contributo all’economia del Paese perchè viste come problema e non come risorsa. E’ davvero l’ora di riprendere con coraggio il tema delle azioni positive per declinarle sul tema della conciliazione”. “La Camera di Commercio, rappresentando tutti i settori del sistema delle imprese provinciali –aggiunge il presidente camerale Piero Mossi- aderisce con entusiasmo a questo accordo quadro. Il nostro ruolo sarà quello di informare e sensibilizzare il mondo delle imprese pavesi sulle opportunità previste dalla legge 53/2000, che prevede contributi per la presentazione di progetti validi sulla conciliazione”. L’intento è anche quello di dimostrare, come accaduto in molti Paesi del Nord Europa, il ritorno economico per le aziende più sensibili a questo discorso: miglioramento dell’immagine aziendale, attrazione e mantenimento dei propri talenti, minore assenteismo e anche minori costi per azioni legali. Per ogni euro investito ne tornano indietro sedici, insomma, almeno secondo la statistica resa nota dalla Camera di Commercio svizzera.

Daniela Scherrer

(fonte: il Ticino – 29 novembre 2008)

 

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