Il giornale

Città di Pavia, chiude la sala parto

Dal 15 dicembre stop alle nascite nella clinica di via Parco Vecchio.

PAVIA – Dal 15 dicembre la clinica Città di Pavia chiude la sala parto e il reparto di Ostetricia e Ginecologia dove sono nate generazioni di pavesi. Ma con meno di 400 parti all’anno è sotto lo standard richiesto dalla Regione Lombardia (che è di 100 in più). La notizia era nell’aria da tempo ma ieri mattina si è concretizzata in una lettera che l’azienda ha inviato ai medici, quattro ginecologi e tre pediatri. Alle 14 era già rimbalzata in un’assemblea convocata dai sindacati. Nel container di via Parco Vecchio, edificio gemello di quello che ancora ospita gli uffici della direzione, i lavoratori hanno dato mandato ai sindacati di affilare le armi e, in caso di segnali negativi da parte dell’azienda, proclamare lo stato di agitazione. Sul tavolo della discussione, ieri pomeriggio, anche altri argomenti, dall’uso degli straordinari ai turni in sala operatoria. Ma la notizia che ha fatto discutere è l’annuncio della chiusura del blocco nascite. «Contestiamo il modo in cui la decisione è stata annunciata. I sindacati e i lavoratori non ne sono stati informati direttamente – spiegano Cisl, Cgil e Uil – . Vogliamo sapere quali interventi di riqualificazione sono stati previsti, a fronte di questo taglio. E chiediamo garanzie per il personale assunto». Sette ostetriche, di cui 5 a tempo determinato, e cinque operatori socio sanitari. Domenico Mogavino, segretario provinciale della Cisl e il collega Sandro Vaccari, Andrea Galeppi della Uil, Patrizia Sturini, segretario provinciale di Cgil e Gilberto Creston, pure Cgil, hanno raccolto gli umori e le preoccupazioni dei lavoratori in un’ora e mezza di assemblea molto accesa. Prima di sera sul tavolo dell’amministratore delegato Riccardo Manca è arrivata una lettera delle organizzazioni sindacali in cui si chiede un incontro chiarificatore entro venerdì. «Siamo preoccupati che venga anche mantenuta la qualità dell’assistenza e del servizio reso all’utenza – dicono i sindacati – . E vorremmo che queste strutture del privato accreditato non vengano solo considerate dei bancomat». Con 8 posti letto e una sola sala parto la struttura faticava a macinare grandi numeri. Negli anni non sono stati previsti interventi di potenziamento. E la presenza del San Matteo, che da qualche anno ha introdotto il parco con l’analgesia, ha avuto un certo peso. Poi il decreto regionale dell’estate scorsa che fissava il tetto minimo dei parti, per mantenere aperto il centro nascite, in 500 all’anno. Chiude anche il servizio di Neonatologia che era stato aperto dal professor Giorgio Rondini, primario in pensione del San Matteo e storico neonatologo pavese. Tra un mese e mezzo non si nascerà più in via Parco Vecchio.

(fonte: la Provincia pavese del 9 ottobre 2012 – autore: Maria Grazia Piccaluga)

Una scelta aziendale. Senza alternative. «Il numero dei parti era ormai consolidato sotto i 400 all’anno. E nel 2012 stiamo registrando un’ulteriore flessione – spiegano in amministrazione alla Città di Pavia –. Non solo: con una delibera del 6 agosto la Regione ha stabilito le linee guida sulla rete dei blocchi parto stabilendo che devono essere soppressi quelli con meno di 500 nascite». Il numero dei parti si conteggia per presidio e non avrebbe potuto essere sommato a quello della clinica Beato Matteo di Vigevano, controllata dallo stesso gruppo, quello di San Donato. «Non si tratta di una valutazione strettamente economica – spiegano in azienda – ma anche strategica, legata a una programmazione per il futuro». Oncologia e Ortopedia potrebbero essere due filoni che l’azienda sembra essere intenzionata a potenziare. «I sindacati hanno chiesto una convocazione entro venerdì e sicureamente li incontreremo – dice Riccardo manca, amministratore delegato –. E pensiamo di poter dar loro notizie rassicuranti. Non si perderanno posti di lavoro. Non è difficile immaginare che le ostetriche possano essere assorbite dalla clinica di Vigevano e gli oss all’interno della struttura di Pavia». Ma l’azienda vorrebbe proporre anche ai medici, che lavorano in regime di libera professione, la possibilità di continuare la collaborazione anche a Vigevano. «Pensiamo che molte pazienti, legate da rapporto di fiducia con il ginecologo, potrebbero usufruire del Beato Matteo».

(fonte: la Provincia pavese del 9 ottobre 2012 – autore: Maria Grazia Piccaluga)

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