Il diario

Decrescita felice

Strisce depilatorie per una, pan-patata per l’altra.

Essere madre di due adolescenti ai tempi del Coronavirus vuol dire anche questo.

Uscire una mattina per andare al lavoro, con due richieste così.

A la grande mi dice che non vuole sembrare un orsacchiotto peloso ancora a lungo, e quando le chiedo, in fondo, dove deve andare, visto che siamo nella fase 2 ma ancora non liberi, lei mi risponde saggiamente: lo faccio per me stessa. Una madre che non ha perso il senno, di fronte a tale dichiarazione di una quindicenne, non dirà mai nulla. E infatti, taccio.

A la piccola mi dice che lei non chiede, perché non li desidera, vestiti, trucchi o cosmetici di alcun genere, ma una cosa me la chiede con tutto il cuore: il pan-patata. Che è un tipo di panino fresco che la panetteria qui vicino sforna ogni giorno. Farina raffinatissima, amidi e carboidrati a manetta, ma come negarglielo dopo una quarantena senza.

Ed è così che davanti allo specchio, mentre metto quel poco di trucco che traccia il confine tra “l’uscire poco più che in pigiama” e “l’uscire vestita con una dignità”, memorizzo le richieste e appunto nel percorso delle mie consegne due punti in più: panetteria e supermercato.

Poi mi chiedo a quante cose in questo periodo abbiamo rinunciato, senza fare nemmeno un po’ di sforzo. A quante cose non abbiamo pensato o comunque non abbiamo chiesto, in quanti posti non ci siamo fermati per fare una spesa. E quindi a quanti soldi abbiamo risparmiato. Tanti.

Perché sebbene dirlo ad alta voce faccia un po’ strano, e forse qualcuno potrebbe anche scambiarla per un’affermazione irriverente, questa pausa forzata dal tutto, per un tempo indefinito, ci ha fatto riscoprire che di molte cose possiamo fare a meno. E che forse, quando Serge Latouche parla di decrescita felice*, intende, semplicemente, questo. E che forse, possiamo provarci anche quando la pandemia sarà finita.

*https://ecobnb.it/blog/2019/07/decrescita-felice