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La prima visita dall’oculista

A sei mesi se si sospettano problemi o ci sono patologie congenite in famiglia, a tre anni se tutto va bene.

 

L’età ideale per la prima visita dall’oculista? Sei mesi. «E’ la fase giusta, quella in cui intercettare eventuali problemi e porvi rimedio. Ma anche il momento in cui un bambino è più facile da visitare, meno resistente alla vista di un camice bianco» spiega il professor Paolo Bianchi, primario della clinica Oculistica del San Matteo. A sei mesi, infatti, le funzioni visive e sensorio-motorie di un bambino non sono stabili ma sono ormai sviluppate. «E’ l’età in cui sottoporlo a una prima visita se il bambino è sano. Se invece esistono problematiche spetta ai genitori, ma soprattutto ai pediatri di libera scelta, il delicato compito di percepirli in tempo. La tempestività è importantissima sul fronte della prevenzione e della salvaguardia della vista» dice Bianchi. Più attenzione va riservata se in famiglia ci sono adulti con malattie che si trasmettono geneticamente. Una cataratta congenita ma anche un forte miopia devono accendere la lampadina del dubbio. «Ma vanno segnalati al pediatra e quindi all’oculista pediatrico – dice Bianchi – anche eventuali anomalie di comportamento: ad esempio la mancata reazione a stimoli visivi. Oppure anomalie fisiche. Un occhio di dimensioni diverse rispetto all’altro, una palpebra più chiusa, un riflesso bianco nella pupilla. Ma anche strabismo, movimenti oscillatori. Al minimo dubbio meglio segnalare al medico».

Diversa la situazione se il bambino è sano. Le indicazioni del ministero indicano nei tre anni di vita l’asticella da non superare per la prima visita oculistica. «A quell’età, infatti, se c’è un problema si mette una pezza – dice Bianchi -. Quando invece si arriva a scuola, a 6 anni, è già troppo tardi. A quel punto non si previene, si può solo correggere».
 Una patologia funzionale che si riscontra con una certa frequenza è l’ambliopia, che provoca una ridotta funzione visiva e colpisce il 2-3% della popolazione. «Un esempio? un bambino va in cortile a giocare a pallone. Un occhio lavora bene, uno no. E così non segue la traiettoria della palla e non para. Una volta, due, tre. Alla fine non scende più a giocare con gli amici. E si isola anche socialmente» spiega il primario. Ma se si interviene tempestivamente il difetto può anche scomparire.

E dopo? Passare ore incollati ai videogiochi o alla tv fa male alla vista? «E’ un luogo comune – dice Bianchi – Non ci sono evidenze di un danno diretto all’apparato oculare da parte di uno schermo di tv o computer, a meno che non ci sia una problematica preesistente. Dieci ore davanti alla tv non fanno male agli occhi ma al cervello».

(fonte: la Provincia Pavese del 20 ottobre 2010 – autore: Maria Grazia Piccaluga)

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