Il diario

Metto mia figlia sul lettone

Metto mia figlia sul lettone, apro la borsa fasciatoio (che sua madre mi ha appena consegnato…, ndr) e sistemo la sua roba sulle mensole vuote dentro l’armadio. Ci sono berretti, tutine di cotone, una marea di magliette, vari tipi di pantaloni morbidi (con l’elastico in vita e alle caviglie), un mucchio di calzamaglie minuscole, maglioncini fatti a mano, due vestitini e un piumino microscopico. Tutto pulito e ben piegato. Senza dimenticare i giocattoli: una bambola, tre animali di peluche, un puzzle e alcuni cubi con le lettere. La piccola si gira sulla pancia e si spinge verso la fine del letto con le gambine in avanti. Insomma, sa strisciare al contrario come una lucertola, come il parà di un reparto d’assalto durante una seduta d’addestramento. I piedi superano il bordo, e lei scivola giù con prudenza. – Brava bambina – dico forte. (…). La bambina ripete il giocoe si cala fino a toccare il pavimento con i piedini. Io la raccolgo e la riporto sul letto, a pancia in giù. Lei si rimette a quattro zampe in automatico, rincula fino al bordo, si gira e scivola verso terra. Impiega mezzo minuto a compiere l’intera operazione. Alla quarta volta che la riprendo, è triste e snervata. Ne ha abbastanza del gioco e di me, che limito la sua libertà e le sue possibilità di esplorare il territorio. Anch’io sono stanco. Sua madre è andata via da venti minuti, e io sono già a corto di idee. I bambini di nove mesi non giocano mai da soli, neanche un po’? Mi domande se non sia il caso di metterla a dormire. Anna (sua madre, ndr) non diceva che al pomeriggio fa il riposino? E gliel’ho chiesto ogni quanto tempo bisogna cambiarla? Oppure me lo sono scordato? Lei mi ha risposto? E se fosse ora di cambiarla di nuovo? Dal libro "Rosa candida" di Audur Ava Olafsdottir (Einaudi, 2012)

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