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Pavia e Genova insieme danno speranza ai bambini malati di leucemia


La tecnica del prof. Locatelli, elaborata con il Gaslini di Genova, guarisce casi un tempo senza speranze.

La leucemia nella sua forma «acuta linfoblastica» è, ancora oggi, il tumore più diffuso nei bambini e nei ragazzi fino ai quindici anni. La cura, come per tante forme di cancro, è la chemioterapia che salva, però, solo l’80 per cento dei malati. Per il resto non c’era niente da fare. Da alcuni anni il professor Franco Locatelli, primario della clinica Pediatrica del S. Matteo sperimenta una tecnica innovativa, in collaborazione con i medici del Gaslini di Genova, che ora guarisce tre quarti dei casi un tempo senza speranze.  «Non stiamo parlando di uno studio che in futuro potrà dare risultati positivi. Questa volta stiamo parlando di una realtà», dice il professor Locatelli che, con i colleghi genovesi, ha pubblicato i risultati del lavoro svolto sulla rivista scientifica Blood. Ogni anno in Italia sono quattrocento i bambini che si ammalano di leucemia acuta linfoblastica. Cento di questi non reagiscono alla chemioterapia.  Franco Locatelli e gli immunologi Lorenzo e Alessandro Moretta del Gaslini di Genova in sei anni e mezzo hanno eseguito sessantasei trapianti per salvare questi casi disperati. Per rendere compatibile il midollo del donatore con quello del paziente, viene ripulito da alcuni tipi particolari di linfociti che normalmente aggredisce l’organismo tramite la malattia del trapianto contro l’ospite.  La vera novità della sperimentazione è la metodologia affinata per selezionare il donatore più promettente, il padre o, più spesso, la madre del paziente, che ha il midollo osseo in grado di produrre il maggior numero di cellule Natural killer che possano combattere la malattia.  «Abbiamo verificato che queste cellule Natural killer permangono nell’organismo a lungo, anche alcuni anni, sono così in grado di proteggere il paziente dall’insorgere della malattia del trapianto contro l’ospite», dice Locatelli.  Nella clinica pediatrica del San Matteo sono stati curati già sessantasei bambini, undici solo nel 2008. «Quest’anno ne abbiamo già fatti quattro – riprende il professore -. Ci si può ammalare anche da adulti di leucemia acuta linfoblastica, ma le forme più tipiche sono quelle che insorgono tra i due e i sei anni. Per noi – conclude – l’altro aspetto importante è quello della collaborazione con altri ospedali. Noi abbiamo messo a disposizione la nostra esperienza trapiantologica, a Genova quella immunologica».  Daniela Pende, del laboratorio di immunologia dell’Istituto Gaslini evidenzia: «La peculiarità di quest’ultima ricerca, lo snodo, sta nell’affinamento della metodologia che permette di selezionare il donatore con la percentuale di cellule Natural killer più alta. Inoltre abbiamo messo in luce importanti interazioni tra le cellule killer e quelle leucemiche. Per questo penso che questo risultato possa aprire a nuove prospettive anche per gli adulti». Carlo Gariboldi

(fonte: la Provincia Pavese del 7 marzo 2009)

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