Il diario

Prove Invalsi

Non sono d’accordo con le prove Invalsi. Mettono l’ansia ai bambini, li costringono in tempi e crocette che non sono coerenti con quello che viene insegnato loro quotidianamente: ad argomentare le risposte, a riflettere sulla possibilità del relativo, e a non avere fretta. E non sono nemmeno convinta dell’utilità delle prove Invalsi. A chi giova sapere la media della preparazione delle scuole italiane? Ma che significato ha un risultato così, che azzera contesto sociale, zona geografica e tutte le diversità che ci possono essere da città a città e da regione a regione? Siamo sicuri che i soldi spesi per le prove Invalsi siano soldi spesi bene? Perché non spendere i soldi e il tempo impiegato in classe per la preparazione alle prove Invalsi, in progetto didattici che formino i nostri bambini dal punto di vista umano e non solo "di punteggio"? Mettiamo che dai risultati delle prove Invalsi nazionali emerga che la tal regione ha risultati più scarsi della tal altra, o che l’Italia è dieci posti indietro rispetto agli altri paesi euroepi. E allora? Se anche fosse? Non credo che la soluzione sia nelle prove Invalsi, e non credo nemmeno che servano le Invalsi per rendersi conto del fatto che la scuola ha bisogno di sostegno, fiducia, risorse economiche e risorse umane. Possiamo fare tutte le prove Invalsi che vogliamo, ma se poi per la scuola tutte queste cose non ci sono, chi se ne importa di sapere a che punto della scala del punteggio siamo?  Quella è forma, ma per i nostri bambini (il futuro di domani) ci vuole sostanza.

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