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Una scuola da rifare: intervista all’autore

Giuseppe Caliceti insegna a Reggio Emilia dall’età di vent’anni. È autore di numerosi libri per bambini, ragazzi, adulti. Nel 2003 ha vinto con il romanzo Suini il premio di narrativa Elsa Morante L’Isola di Arturo. È responsabile del servizio comunale Baobab/Spazio Giovani Scritture di Reggio Emilia, rivolto ai docenti di ogni ordine di scuola che fanno incontrare ad alunni e studenti gli scrittori. Con Feltrinelli ha pubblicato Italiani, per esempio. L’Italia vista dai bambini immigrati (2010).

Una scuola da rifare: intervista all'autore

E’ una scuola letteralmente fatta a pezzi e tutta da ricostruire, quella descritta in “Una scuola da rifare. Lettera ai genitori” (Feltrinelli, 2011) da Giuseppe Caliceti – insegnante a Reggio Emilia e autore di numerosi libri per bambini, ragazzi e adulti – che venerdì 16 settembre, alle 18 presenterà il suo libro/manifesto alla Feltrinelli di via XX Settembre. Il tema è conosciuto, ma le domande e i dubbi sulla bontà della riforma scolastica iniziata nel 2008 sono tante, perché i dati e i fatti – non ultimo l’anno scolastico appena iniziato – dicono che il dimensionamento voluto dai ministri Gelmini e Tremonti ha messo in ginocchio il sistema scolastico italiano, scontentato insegnanti e genitori e sottratto alla scuola pubblica importanti risorse, economiche e umane.

Caliceti, nel 2008 il ministro Tremonti abbatte la scure dei tagli sulla scuola, poco dopo il ministro Gelmini annuncia la sua riforma e le piazze si riempiono di migliaia di docenti che protestano contro lo smantellamento della scuola pubblica. A distanza di quasi tre anni, cosa rimane di quella protesta?
Rimane grande amarezza da parte degli insegnanti della scuola pubblica, una categoria bistrattata e insultata dal suo stesso datore di lavoro che, è bene ricordarlo, non è un’azienda privata ma lo Stato. Nessuna azienda tratta così i suoi dipendenti e questa riforma rappresenta indubbiamente il licenziamento di massa più grande mai fatto nella storia della repubblica italiana. Parliamo di 150 mila dipendenti pubblici licenziati senza giusta causa, in nome di una “qualità” di cui, nella scuola di oggi, non troviamo nessun riscontro.

E della scuola pubblica cosa rimane?
Per fortuna, nonostante tutto, la maggior parte degli insegnanti hanno mantenuto passione e motivazione, se non altro per amore di bambini e ragazzi a cui stiamo lasciando un futuro che sarà peggiore di quello che abbiamo ereditato noi. La scuola è stata derubata dei suoi diritti, impoverita e anzi “svuotata” nei suoi contenuti, e i primati che avevamo nel sistema scolastico mondiale ed europeo sono stati smantellati, nel giro di pochissimo tempo.

Quali erano?
Solo per fare un esempio: i dati Ocse del 2007, quindi prima della riforma, dicevano che la scuola pubblica italiana, in particolare quella primaria, era per qualità la prima in Europa e la quinta nel mondo. Nel 2010, nell’era post-Gelmini, gli stessi dati dicono che la scuola pubblica italiana è scivolata al quindicesimo posto nel mondo e all’ottavo in Europa. Ma anche senza parlare di dati, basti pensare al fatto che, grazie a una tradizione millenaria di formazione – iniziata in ambito cattolico e poi continuata in maniera eccellente da grandi maestri del novecento come Mario Lodi, Gianni Rodari, Don Milani, Lorsi Malaguzzi – che a Reggio Emilia diede vita agli “asili più belli del mondo” – e a Bruno Giari – che a Bologna sperimentò per primo il tempo pieno – l’Italia è stata uno dei primi paesi europei a inserire i bambini disabili a scuola e ha sempre dato grande importanza al bambino inteso come “persona”, nella sua affettività e nella sua unicità. Tutto questo ora viene messo in discussione.

Come mai secondo lei il ministro Gelmini ha permesso tutto questo, non era consapevole del disastro che avrebbe causato?
Il ministro Gelmini per me è il ministro della “distrazione” oltre che della “distruzione”. Mentre lei distraeva i genitori e gli italiani tutti con due concetti di importanza irrisoria rispetto alla vera sostanza della riforma – il ritorno al grembiulino e al maestro unico – il ministro Tremonti tagliava risorse con la calcolatrice alla mano. Il fatto è che questa riforma è stata fatta da persone che della realtà della scuola non sanno niente e nemmeno di bambini e ragazzi. Il loro è un altro mondo, solo gente come i maestri “di strada” che ho citato prima può fare riforme sensate, c’è bisogno di gente che lavora sul campo e che abbia la lungimiranza per capire le conseguenze di quello che si sta decidendo. E poi bisogna avere a cuore la scuola pubblica.

Cosa bisogna fare allora?
Gli insegnanti hanno le mani legate, perché in questi ultimi due anni sono stati intimoriti da dirigenti e ispettori scolastici, diffidati a sollevare questioni e domande. I genitori invece devono informarsi e stare nella scuola, controllare, assicurarsi che le aule dove i loro figli siano sicure e a norma di legge e non classi pollaio in strutture fatiscenti, devono chiedere cosa fanno a scuola i loro figli, pretendere che, se un insegnante è ammalato, venga chiamato un supplente ecc…tutte cose che non sono più per niente scontate, visto che, della scuola di cui si parla nella Costituzione italiana è rimasto ben poco.

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