Quando il gioco si fa duro
Quella della quinta elementare è un’età di mezzo, un po’ ambigua e un po’ sorprendente. Si parla già di amori e fidanzatini ma si scrive ancora la lettera di Babbo Natale: dentro, però, si chiedono regali da grandi. Ci si fa la doccia da sole, ma alla sera c’è ancora la fiaba della buona notte e il bisogno di essere rassicurate dal rito storia/chiacchiera/coccola/bacio/notte. Si guarda e si parla come Violetta, ci si chiude in camera con le amiche per raccontarsi i segreti, ma si richiede ancora più attenzione di prima. Quella della terza elementare, invece, è ancora l’età dei cuccioli. Si crede a Babbo Natale, si mette il dito in bocca per addormentarsi, si scrive la lettera a Babbo Natale e dentro ci si mettono giochi che hanno ancora il sapore dell’infanzia e non ancora quello dell’adolescenza. E quando ci sono le amiche, si gioca e si schiamazza per la casa senza alcun bisogno di privacy. In tutto questo, un genitore deve stare ancora più attento, raddrizzare le antenne, cogliere i segnali e il non detto, osservare, cercare di capire e prevenire. Perché quando ci si deve misurare con due figlie che hanno età apparentemente simili ma in realtà esigenze sempre più diverse, allora sì che il gioco si fa duro.