Il diario

Memoir d’amicizia

 

15 agosto 1996 Ciao M, ho proprio bisogno che tu mi stia ad ascoltare. Puoi? E’ da tempo che voglio scriverti e che penso a questa lettera nella mia testa. E ora che tu sei in viaggio come lo sarò io tra qualche giorno se dio vuole (ma con tutt’altra compagnia e tutt’altro spirito) lo faccio. Ti ho pensata tanto, volevo parlarti, volevo dirti che questo non è un gran periodo. E’ giovedì pomeriggio, ho studiato un po’ che tra meno di un mese si ricomincia. Ho cercato al telefono tutte le altre mie amiche e non ne ho trovata nessuna. E il fatto che tu non ci sei mi pesa ancora di più. Mi sento sola in questa città torrida e orrenda. E non solo perché non c’era nessuno. Ho l’impressione che, tutto sommato, a nessuno freghi particolarmente di sapere come sto e cosa davvero penso. Poi però mi vieni in mente tu e ho un pensiero diverso. Ho come l’impressione che tu sia rimasta l’unica amica vera vicino a me. Forse ti sembrerà stupido e ingiusto quello che sto per dire, però lo dico lo stesso. Ti sto a guardare, te e le tue altre amicizie e ne sono gelosa. Però anche tu sei stata gelosa delle mie amicizie quando abbiamo iniziato due licei diversi no? Ecco, l’ho detto. Tu rimani una persona diversa e sono certa che tante amiche passeranno, ma noi no. Forse in questa crisi di amicizie la colpa è anche di V, che mi vuole tutta per sé, mi toglie il fiato e non si fa mai da parte. Forse dovrei parlargliene. Ma non si può avere tutto, lo so. Ti voglio bene senza dubbi e senza limiti. F Nella città estiva alle porte di agosto, rientrata dal mare e in attesa della montagna, dopo una puntata a Ticino molto da domenica mattina, la famiglia B se ne sta rincantucciata in casa tutto il giorno a fare e disfare (anche se il clima è miracolosamente fresco). Il mago G progetta la sua settimana di vacanza assoluta quando la Mamma e le A minuscole saranno in montagna per consentirgli di ridipingere casa in santa pace; la Mamma e le A minuscole svuotano insieme tutti gli armadi delle camere da letto, ne valutano attentamente il contenuto con molte e a volte faticose digressioni (ooo bello questo, ma non me lo ricordavo, lo provo! guarda guarda, questo gioco qui era da un pezzo che non lo vedevo, come faceva? gaaadddaaa, la mia muffola di tigo e il mio uovo di paqqua di cattone, apiamolo!!). E’ qui che spunta l’ennesima scatola di memoir della Mamma. Tra le lettere scritte dalle amiche di tutti i tempi, c’era questa che più di altre farebbe venire voglia di parlare alle A minuscole dell’amicizia, del fatto che mentre l’adolescenza scorre con la sua turbolenza, piena di umori neri e attimi di follia, le amiche vanno e vengono, sono come l’altalena: prima ti fanno toccare il cielo con un dito ma dopo possono anche farti stare così male che ti viene voglia di vomitare. Però, in mezzo a tutto questo, ci sono anche le amiche che rimangono anche dopo, quelle su cui potresti buttarti a occhi chiusi e all’indietro. Ce n’è una per tutti di quelle amiche. Come quelle che adesso – anche se hanno un compagno fisso che vive con loro, anche sono diventate avvocato e stanno disperatamente cercando di passare un impossibile esame per diventare magistrato, mentre cercano di capire quale sia, in mezzo a tutto questo casino, il momento migliore per programmare un figlio – rispondono al telefono in qualunque posto e a qualunque ora le chiami, proprio come è sempre successo in questi ultimi 26 anni.

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