Il diario

Donna e madre imperfetta

Ci sono notti in cui una mamma non dorme perché ha lavorato fino alle quattro del mattino davanti al suo mac, o perché le sue figlie minuscole l’hanno chiamata sedici volte a testa in trentadue momenti diversi, perché non riuscivano a dormire o perché volevano un bicchere d’acqua. Ci sono mattine in cui, come naturale conseguenza di ciò,  questa mamma si sveglia inversa, inappagata, stanca. Una bomba con la miccia accesa, una mina antiuomo, un ordigno antitutti. In queste mattine bastano quindici secondi di capriccio o due parole di bisticcio tra due A minuscole per far saltare tutti i nervi materni, spianando la via a tutta la cattiveria di cui una donna privata del suo imprivabile sonno è capace: tutte le parole più raccapriccianti che una madre, sconsideratamente, può sfoggiare davanti alle sue figlie, trovano voce. Nel momento in cui le corde vocali producono l’ondata isterica, queste parole tremende sono catartiche e la mamma capisce che se non esplodessero sotto forma di suoni articolati, si muoverebbero le mani. Quale sia tra le due cose quella peggiore, ancora non è dato saperlo. Ancora la mamma non ha trovato un pedagogista che l’abbia illuminata in proposito. Nel dubbio, lei sceglie la via della scenata d’effetto. A pieni polmoni. Sono queste le mattine in cui, dopo urla e strepiti, una madre si sente svuotata; sono queste le mattine in cui, inesorabile, si fa strada il pentimento, il mea culpa in cui ogni madre si consuma dopo una sfuriata come (non) si deve. A questo punto la mamma si scaverebbe una fossa sotto i piedi e si nasconderebbe lì per il resto della giornata, flagellandosi con domande inutili e insensate. Come hai fatto a fare delle tue figlie il bersaglio della tua rabbia? Come hai potuto pensare che siano loro la causa della tua stanchezza? Non ti hanno spiegato che prima di inveire contro dei minori, specie se li hai messi al mondo di tua iniziativa, devi sederti sul pavimento nella posizione del loto, chiudere gli occhi, fare un bel respiro, invocare Osho, lo spirito del Mahatma Gandhi o lo spirito Santo e pregare perchè almeno una di queste tre entità riesca a darti la forza di non reagire e di porgere l’altra guancia? In queste mattine, non riuscendo ancora bene nella pratica della non-violenza, l’unica via di salvezza della mamma è inventarsi una realtà parallela: niente è successo, quella madre non era lei. Mentre si avvicina alla porta, la mamma immagina di salutare e lasciarsi alle spalle quella mamma sconsiderata che è appena stata. Quando esce di casa è una donna diversa. Con la stessa velocità con cui un qualunque essere umano affetto da sdoppiamento della personalità cambia identità, la mamma veste i panni della madre che vorrebbe essere: disponibile, equilibrata, paziente, organizzata. E anche puntuale. Quindi sale in macchina, mette le bimbe nei loro seggiolini e con voce flautata dice: amori miei si parte, adesso mettiamo uno dei vostri cd preferiti e cantiamo tutte insieme fino a casa dei nonni. Poi la nuova mamma perfetta chiude le portiere, sorride alle A minuscole dallo specchietto retrovisore, e, certa che anche loro già non ricordino più niente, mette in moto e corre incontro alla sua splendida giornata. D’ora in avanti – promette a se stessa e alle due A minuscole – sarà una donna e una madre migliore.

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