Il giornale

«Mamme, siate generose»

«Congelare il sangue del cordone del proprio figlio perchè lo possa usare in caso di malattia è sbagliato. Non gli sarebbe utile in ogni caso».

Il professor Franco Locatelli, primario della clinica Pediatrica del San Matteo e noto oncoematologo, è categorico. Conservare il cordone ombelicale in banche private, in Italia, è vietato. Ma in Parlamento proprio in questi giorni se ne discute. Le richieste, sull’onda emotiva di personaggi noti che l’hanno fatto (all’estero), sono in aumento. «Io sono convinto che le donne siano molto più generose degli uomini. E potrebbero dimostrarlo mettendo il cordone a disposizione di tutti». Locatelli la chiama “biosolidarietà”. Far confluire i cordoni in una banca pubblica e gratuita è un modo democratico per garantire a chiunque una chance di cura. Anche ai bambini stranieri: in nord Africa o nei Paesi dell’Est ci sono differenze immunogenetiche rispetto all’Italia. E non esistono banche di raccolta. Eppure il sangue del cordone può compiere il “miracolo”. Rendere tutti uguali. «Consente di dare una risposta anche a pazienti non perfettamente compatibili» spiega Locatelli. E’ accaduto di recente a un bambino di 8 anni proveniente dal Marocco, con una leucemia che non rispondeva più ad alcun trattamento. Senza intervento avrebbe avuto poche settimane di vita. Ora, a sei mesi dal trapianto, sta bene.  «Ma c’è anche una motivazione scientifica per disincentivare la conservazione solo per sè – spiega lo studioso -. La raccolta autologa non serve nelle malattie genetiche. Nemmeno nelle leucemie perchè si rischia di essere contaminati da cellule sviluppate già nella vita intrauterina. Le mamme devono capire che semmai il loro bambino ne avesse bisogno ci sarà qualcun altro che donerà». A Pavia la Cord Blood Bank (banca del sangue cordonale) è nata nel 1996, tre anni dopo quella del policlinico di Milano. «Se ancora esiste una differenza nei numeri, dovuta al tempo, di certo la qualità è la stessa. Elevata. Pavia è una delle 12 banche al mondo certificate – dice Locatelli -. Inoltre rispetto a Milano a Pavia si può chiudere il ciclo della terapia: è l’unica struttura in cui esiste la banca ma anche l’applicazione clinica». Il primo trapianto, non è un caso, fu fatto proprio al San Matteo nel febbraio 1995. Giuseppe aveva una leucemia linfatica acuta. I genitori concepirono una sorella – «Benedetta e mai nome fu più appropriato» dice Locatelli – che gli donò il cordone. A distanza di 14 anni sta bene. Da allora i trapianti sono saliti a 109. Maria Grazia Piccaluga

(fonte: la Provincia Pavese del 19 febbraio 2009)

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