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Una famiglia si racconta

L’Agenda delle Mamme pubblica questo bel racconto di una sera come tante in una famiglia…numerosa.

Cucina di casa Bovera, ore 20.30 (ma non avevamo detto che dovevamo cenare più presto?): il piccolo Luca, 7 mesi, tranquillissimo fino a un attimo prima, non appena facciamo anche solo il gesto di farlo sedere sul seggiolone, inizia a strillare come un aquilotto, accorgendosi di avere una fame insaziabile. Simone, 2 anni, un tempo il bambino più simpatico e più “pacioso” del mondo, da quando è nato il fratellino, è l’incarnazione della gelosia più distruttiva: per sovrastare il pianto del fratellino ed attirare l’attenzione su di sé, inizia a far più rumore posibile con gli oggetti che trova sulla tavola, con la speranza di farne cadere qualcuno particolarmente fragile a terra. Lorenzo, 8 anni, nel  tenero tentativo di placare il pianto del fratellino, cerca di cantare le sue canzoni preferite, stonando a squarciagola per imporre la sua voce sui rumori già presenti. Stefano, 11 anni, si alza da tavola e ci gironzola intorno per tutta la cucina, perché vuole essere sicuro che ascoltiamo i suoi racconti sull’ultimo modello di cellulare che ha visto in mano a un compagno e sull’i-pod che arriverà al suo amico per Natale: pèrora la sua causa con stile ciceroniano ma noi, implacabili, tra il sugo che sta per bruciarsi e la pasta che sta incominciando ad assomigliare a una gigantesca colla stick, gli spieghiamo per l’ennesima volta che siamo una famiglia numerosa e che non possiamo permetterci tutto quello che vede in mano ai suoi amici. Vedendo che Stefano si è alzato da tavola, Simone ha un’illuminazione: decide di slacciarsi le cinghie (ma quanto sono veloci i bambini ad imparare le cose più pericolose!) e si mette in piedi sul seggiolone, pensando che una bella e sonora caduta da quell’altezza potrebbe attirare definitivamente l’attenzione su di sé per un tempo abbastanza prolungato.

Riusciamo finalmente a sederci a tavola
, ed ecco, come per “miracolo”, mentre iniziamo la nostra preghiera di ringraziamento facendo il segno della croce, tutti si zittiscono, ci prendiamo per mano e le parole eterne del Padre Nostro risuonano sulle nostre labbra (anche il piccolo Simone spesso riesce a seguirci con un sorriso).
E’ come se Dio, che da sempre ha partecipato alla nostra storia, fosse quasi diventato “uno di famiglia” (perdonateci l’ardire!), si siede con noi alla nostra tavola e, nel percepire la Sua presenza, ci sentiamo subito rasserenati.

Nel raccontare la nostra famiglia
non possiamo fare a meno di notare come Dio sia sempre stato presente, sia nei momenti “forti” che nella quotidianità, “in ricchezza e in povertà, nella salute e nella malattia”, come abbiamo proclamato il giorno i cui ci siamo sposati. La nostra storia d’amore comincia proprio a un matrimonio, nel lontano gennaio del 1990: Gabriella    è parente della sposa, Alberto è un collega di lavoro. Complice l’allegria e alcuni bicchieri di vino, Alberto durante il pranzo di nozze si alza dal suo tavolo e si siede a fianco di Gabriella: due mondi diversi si incontrano per non lasciarsi mai più!

Se guardiamo agli eventi di quel lontano giorno in cui ci siamo conosciuti, ci viene da sorridere: il matrimonio celebrato, purtroppo, si concluse con un divorzio nel giro di qualche anno; il prete che celebrò il matrimonio “gettò la tonaca” non molto tempo dopo; persino il ristorante del banchetto, dopo qualche anno, chiuse i battenti!
Siamo rimasti noi, con la nostra storia che ogni anno cresceva e si fortificava anche in mezzo a tanti problemi: ad esempio, durante il fidanzamento Alberto perse il suo lavoro, nei primi anni di matrimonio la Sua occupazione era precaria,  ma la fiducia nella Provvidenza è sempre stata tanta: proprio il giorno della nascita del nostro primogenito, Alberto firmò il contratto per il posto di lavoro che ci dà tanta sicurezza e serenità oggi.

Negli anni abbiamo anche dovuto affrontare
la malattia e la morte di tre dei nostri genitori, ma in Dio e nei nostri figli abbiamo sempre trovato la forza di elaborare il dolore e di sentirci parte di un progetto più grande, che va al di là della nostra esperienza terrena.  E anche in questo periodo della nostra vita, in cui la stanchezza fisica sembra prevalere nelle nostre giornate (e nelle nostre nottate senza sonno!!) siamo consapevoli che in un gesto, in uno sguardo, in un bacio scambiato al volo (magari mentre stiamo cambiando un pannolino!) riusciamo a capire che  per ciascuno di noi due non esiste un altro luogo al mondo più bello del cuore dell’altro per starci dentro!

Intanto che la famiglia diventava sempre più grande
, forte è stata ed è tuttora la tentazione di chiudersi nel proprio rassicurante nido, sommersi dalle centinaia di “cose da fare” che una famiglia così impegnativa richiede, non potendo, tra l’altro, avvalerci dell’aiuto tanto prezioso dei nonni e dovendo entrambi sostenere un impegno lavorativo full-time. Ma ci siamo da subito resi conto che sarebbe stato un errore non godere della misteriosa e benefica circolarità dell’amore familiare: come si legge nella  Catechesi in preparazione all’incontro mondiale delle famiglie che si terrà a Milano il giugno prossimo, i legami familiari forti e l’amore che si vive in famiglia non sono fonte di benessere solo per genitori e figli, ma gli effetti positivi di questi sentimenti coinvologno tutta la società. Ogni gesto, ogni parola, ogni decisione assunta tra le pareti di casa, si può tradurre in stile di vita e in risorsa sociale; i valori appresi e vissuti in famiglia come la solidarietà, il sacrificio, il rispetto per le opinioni altrui, la disponibilità all’ascolto e al servizio diventano “un’onda lunga di bene che fa crescere il mondo intero”.

Ora vi salutiamo, è ora di sedersi a tavola e sono già le 20.30! (ma non avevamo detto che dovevamo cenare più presto?)

Alberto e Gabriella Bovera
(da: l’Aurora Lomellina – giornale della diocesi di Vigevano)

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