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Domande e curiosità dei bambini a confronto con Paola Mastrocola

«E’ proprio lei, è quella vera». I bambini delle due quinte della scuola elementare Vallone quasi non ci credevano di avere davanti Paola Mastrocola, l’autrice dei libri che tenevano appoggiati sulle ginocchia.

Incantati e curiosi hanno ascoltato la scrittrice torinese, circondata dai disegni ispirati a «Che animale sei?». E del libro scritto nel 2005 i bambini conoscevano fino al più piccolo dettaglio. In fondo all’aula si sono sistemati i «più grandi», quelli della quinta dell’anno scorso che adesso sono in prima media. Paola Mastrocola li ha definiti i «pigiama boys», perché è dalla lettura dei suoi libri durante una sera della gita scolastica che è nata la voglia di un incontro, passato anche da «Topolino». La scrittrice ha spiegato ai bambini come si inizia a scrivere, ha mostrato loro il suo «acchiappa idee», carta e penna da portare sempre in tasca. «Faccio così da quando avevo tre anni – ha detto – Le idee arrivano senza che nessuno lo sappia, hanno zampe felpate, se non le acchiappi subito se ne vanno».  «Ma come ti è venuta l’idea della mamma pantofola»? chiede Lucia. Poi Andrea si alza, timido, e dice: «Franco sembrava simpatico, ma l’abito non fa il monaco». I bimbi commentano i personaggi di «Che animale sei», ma vanno anche oltre. «Qual è il tuo libro preferito»? A chiederlo è Giacomo. «Guerra e pace», la risposta. I bimbi si ritrovano a spiegare a Paola Mastrocola cos’è «Youtube», le chiedono quanti libri ha scritto, quanto ci impiega, se farà un seguito dei suoi romanzi, se ha mai cancellato parti dei suoi libri. I bimbi in alcuni momenti la mettono in difficoltà, perché sono sinceri e curiosi, quasi non si rendono conto di porre domande che sono interrogativi della vita, a cui è difficile rispondere. Una manina si alza, una voce sottile chiede: «Ma quando hai iniziato a scrivere»? «A nove anni, perché mi era successa una cosa grave», risponde la scrittrice. Che si apre. Ricorda del giorno in cui la sua amica del cuore si era dovuta trasferire in un’altra città, le era appena morto il papà, e doveva andare a vivere da una zia. E Paola aveva reagito piangendo due giorni. Poi si era messa a scrivere, «perché era l’unico modo per consolarmi». Un’altra mano si alza. Chiede chi, tra lei e la sua amica, aveva sofferto di più. Ecco, queste sono le domande che gli adulti non sempre sanno porsi. (ma.br.)

 
fonte: la Provincia Pavese del 25 marzo 2009

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