Il giornale

Il piacere di leggere si impara a fatica

Dalla città ducale (Vigevano) è partito il suo libro «Chiedimi chi sono» continuato poi in «Senza nulla in cambio» e a Vigevano Anna Lavatelli tornerà venerdì (12 marzo 2010) per ricevere il premio alla carriera in cavallerizza (ore 21), ma anche giovedì 18 marzo (ore 11) al teatro Cagnoni per incontrare i suoi giovani lettori nell’ambito del festival «Il piacere di leggere».

Con Vigevano ha un legame particolare: «Lì è nato mio padre, lì ho iniziato la mia attività. E per affetto, mi piace ricordare la città nei miei libri».  Vincitrice del premio Andersen e di quello del Battello a vapore, ha scritto decine di libri di successo, eppure spiega in un solo modo come creare una storia che offra al pubblico dei piccoli il piacere di leggere: «Scrivere qualcosa che potrebbe essere raccontato anche agli adulti con una chiave in grado di interessare i giovani lettori». Niente a che vedere con l’idea di insegnare ai ragazzi: «Certo, poi qualcosa dai libri si impara sempre, ma quel che davvero un libro ti dà è più una riflessione sull’affettività. Il resto lo si apprende meglio a scuola, lingua compresa. Con i libri si impara a vivere immedesimandosi nei personaggi e nelle loro storie, chiedendosi: «io cosa farei in questa situazione?», senza dimenticare che i libri sono un invito a guardare più in profondità».  

Eppure dopo una iniziale fascinazione nell’età delle elementari, la lettura perde sempre più appeal tra le nuove generazioni. Un fenomeno sul quale Anna Lavatelli ha ben poco di nuovo da consigliare se non il classico metodo del dare dare l’esempio: «I bimbi sono saggi: credono solo a quel che vedono dal vero. Una delle poche iniziative efficaci resta l’insegnante che legge ai suoi ragazzi. Purtroppo una ricetta universale non c’è, altrimenti l’avrebbero già brevettata».  Viene da chiederle se c’è un problema di mancanza di titoli adeguati al giovane pubblico, ma lei nega decisamente: «Una volta non c’erano, ora invece gran parte delle case editrici si sono attivate nella fascia degli young adult o nei cross-over. E’ un settore che è esploso. Dopo Harry Potter è partito il filone di libri senza limiti di età: dai 13 anni ai 99. E c’è di tutto, buoni e meno validi. Io preferisco gli autori esteri, anche se le buone penne nostrane non mancano. Il guaio è che con il marketing non è il meglio a vincere, capita che i libri più promossi siano i più scadenti».  

La scrittrice Paola Mastrocola ha appena pubblicato un suo manifesto sotto lo slogan «leggere e basta», ossia senza difese, salvaguardie, promozioni, educazioni alla lettura. Già il solo fatto di leggere sarebbe per lei un fatto politico: «Certo – aggiunge Anna Lavatelli – ma si può farlo solo se si è lettori educati, cioè in grado di individuare la qualità. I ragazzi non lo sono, la loro lettura è istintiva e più che scegliere consumano i libri. Da grandi saranno ancora consumatori, magari di novità librarie, ma non diventeranno appassionati di lettura».

L’adolescente ama Moccia. Chi legge prova vergogna.

«Alle elementari leggere è motivo di orgoglio, ci si vanta di aver divorato tutto del tal autore. Alle medie chi legge viene considerato un fallito dai coetanei. Alle superiori non si va oltre Moccia e chi legge si vergogna di farlo. La lettura viene vista come un’attività solitaria quindi chi la pratica va contro il gruppo, il branco». La vigevanese Alessandra De Vizzi lo dice ben conoscendo il mondo dei ragazzi: è scrittrice, mamma di un adolescente, nonchè penna della posta dei lettori di «Topolino». Anche lei punta il dito contro il nondo dell’editoria: «C’è molto marketing. Si va molto a filoni. Prima c’erano libri per fasce dai 10 ai 14 anni, adesso si sono inventati gli young-adult. In alternativa c’è tutto il genere legato ai programmi tv e musical. Così capita che i ragazzi magari leggono tutto dell’autore di «Amici», ma limitano il loro interesse solo a quei libri e tutto finisce lì». E poi mancano i consigli: «In Italia le librerie per ragazzi sono pochissime, così come sono pochi gli insegnanti che danno indicazioni di lettura. La stessa lista di libri consigliati viene riproposta di anno in anno sempre uguale».

Internet interessa di più. Gli antidoti servono a poco.

Gipo Anfosso, insegnante di Pavia alla scuola media comincia subito con un distinguo: «I ragazzi sono i primi a cedere, le ragazze continuano ancora un po’ nel piacere del libro, anche se poi non vanno oltre le medie. Fino ai 16/17 anni la scuola riesce a contenere l’allontanamento dei libri, dopo subentrano altri interessi e chi legge lo fa su internet, non certo sui libri». Secondo Anfosso, anche chi continua ad essere un divoratore di pagine, finisce per diventare un consumatore unidirezionale: «Se uno ha la passione per il fantasy legge solo quello. Eppure ci sono libri bellissimi che ai miei tempi non c’erano. Noi alle medie passavamo alla letteratura dei «grandi», adesso per un ragazzo è difficile appassionarsi a questo tipo di lettura: è troppo faticoso lessicalmente. Per la nostra generazione la lettura era un rifugio dalla famiglia, a volte addirittura una forma di ribellione. Un ragazzo di oggi invece la considera un dovere. Il libro in sè non è un piacere: è un dato di fatto. Ci sono antidoti (leggere in classe, invogliare con titoli ad hoc) ma servono a poco. Bisogna attendere, poi i libri tornano a piacere».

Limitare tv e computer. Anche il diario può aiutare.

 

«Mia figlia ha tredici anni e legge con interesse. Ha un immaginazione molto fervida. E’ appassionata di saghe e soprattutto di fantasy». L’idea che sua figlia possa smettere con la lettura non sfiora nemmeno Silvana Sperati di Montebello che però premette: «Da piccola frequentava i corsi del metodo Munari che tengo alla fattoria delle Ginestre costruendosi da sola i libri. Questo ha sicuramente sviluppato la sua curiosità e il suo interesse, oltre ad averle fornito un’occasione per non farsi travolgere dall’uso di computer e tv. I libri richiedono più fatica, ma se i ragazzi mantengono con i libri un relazione di curiosità e piacere, hanno solo da guadagnarci. Il rapporto con il libro è intimo, è fatto di silenzio, di solitudine ed è soprattutto personale. E quando dico libro, parlo anche di fumetti. Bisogna uscire dall’abbinamento lettura-dovere, cerchiamo di creare luoghi della quotidianità dove leggere, spazi dove trovare e scambiare libri, magari anche in bar e locali. E poi continuando anche da grandi a costruire da soli i propri libri: scrivere un diario può essere un buon consiglio».

(fonte: la Provincia Pavese del 7 marzo 2010 – autore: Linda Lucini)

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